mercoledì 25 febbraio 2009

Essere volontario in Centesimus Annus...

La Comunità Centesimus Annus è una casa, uno spazio di accoglienza per molte persone che sono giunte in Italia con il desiderio e la volontà di lavorare. Ognuno di loro porta con sè la propria identità, lingua e cultura, le proprie credenze e tradizioni, le proprie storie personali, i propri ricordi ed immagini.
Il ritrovarsi in un luogo diverso dalle proprie radici comporta la perdita dei propri punti di riferimento, porta a cercare l’aggregazione tra simili per creare solidarietà, allontana dalla possibilità della ricerca del confronto. Ecco che quindi la Centesimus Annus ha come missione quella di progettare e sostenere l’inserimento sociale delle categorie svantaggiate promuovendo attività di mediazione linguistica e culturale. Non solo, cerca di orientare la persona, sostenendola e valorizzando le proprie risorse personali, nelle scelte più opportune per il suo inserimento e sviluppo.
Accanto a due devoti operatori, una decina di volontari fa sì che la permanenza dei 50 ospiti sia il più costruttiva possibile, organizzando serate culturali, cineforum, corsi di sana alimentazione, di igiene personale, di lingua italiana, partite di calcetto…
Gennaio 2009. A distanza di 20 anni a Milano è emergenza freddo. Il comune mette in campo il suo piano anti-freddo, una struttura logistica in grado di ospitare mille senzatetto, creando delle convenzioni con alcune strutture sul territorio.
La Centesimus Annus non poteva tirarsi indietro a questa richiesta e così, per la prima volta, anche in questo quartiere, viene identificato uno spazio in grado di ospitare persone senza fissa dimora.
Le sere a cui ho partecipato finora come volontaria sono state per me un’occasione di conoscenza di una realtà troppe volte nascosta, spesso ignorata, lontana dai nostri occhi. Quelli che abbiamo incontrato sono tutti uomini che affermano la pari dignità sociale delle persone, senza nessuna distinzione.
Davvero il mondo del volontariato non ha confini: non c'è diversità di colore della pelle, di religione, di lingua. C’è la possibilità di imparare, ogni giorno, qualcosa.
C'è il dare a chi soffre.C'è l'attenzione per il più debole.C'è l'amore per l'altro...
Il giorno in cui ci è giunta la notizia dell’arrivo di 60 senzatetto la preoccupazione e lo sconforto hanno preso il sopravvento. Non ce l’avremmo mai fatta: troppe persone da gestire, troppo poco tempo per organizzarsi, troppe poche risorse. E invece, come se tutto fosse stato già pianificato, i volontari sono stati in grado di mettere un atto un piano d’azione. Da 5-6 siamo arrivati a 10, poi 20 ed ora circa 40 persone coprono a turno tutti i giorni della settimana. Sembra facile ma..ogni sera i nuovi ospiti arrivano, registrano la loro presenza, hanno la possibilità di farsi una doccia, utilizzare i bagni, mangiare un pasto caldo, dormire su un letto o dentro un sacco a pelo. E quindi bisogna bisognava organizzarsi: C’è chi ha trovato le pentole, chi si è dato disponibile per l’accoglienza serale anche affrontando situazioni non sempre tranquille, c’è chi ha progettato un sistema di gestione dei volontari, chi era bravo in cucina, chi ogni sera è presente per passare la notte e preparare la colazione e chi è venuto per la prima volta e ha imparato subito come poteva dare una mano.
Nel volontariato non servono diplomi e attestati. L’importante è esserci. Non importa se non sei bravo in cucina, se non sai usare bene il computer, se non sai una lingua straniera. Essere volontario significa offrirsi agli altri, donarsi agli altri per quello che si è. Non si vive da protagonista, ma si lavora dietro le quinte.
L’importante sei tu. E questo non significa che sei un eroe o un protagonista. E nonostante io faccia volontariato in Italia e all’estero da anni, io stessa sono consapevole di non poter salvare il mondo. Sono stata in Camerun, in Brasile, in Etiopia e ho sempre fatto ciò che sapevo e potevo fare. Con tutta me stessa.
Madre Teresa di Calcutta una volta ha scritto : “Sono come una piccola matita nelle mani di Dio, nient'altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata”.
Ed oggi anch’io, come lei, ringrazio il Signore per avermi assegnato, ancora una volta, il compito di sua piccola matita.

Sara

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